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La prima originaria cattedrale di Bovino risaliva all'epoca costantiniana e venne distrutta da Costante II nel 663. L'edificio venne quindi ricostruito e ristrutturato più volte nei secoli. L'aspetto attuale è quello che le impose il gallico architetto Zano nel Duecento, utilizzando residui di templi pagani e di privati e pubblici edifici, armonizzandoli col materiale dell'antica cattedrale. La facciata, in conci di pietra squadrati, è un magnifico esempio dell’avvento dello stile romanico in Puglia, anche se già anticipa stilemi propri del gotico e riutilizza elementi decorativi precedenti nelle lunette dei portali e nei motivi vegetali del rosone, al cui centro in seguito alla ricostruzione del 1960 venne allocata la vetrata policroma del Cristo Pantocratore. Ai lati del rosone due colonnine tortili con leoni stilofori, mentre in corrispondenza della linea di colmo del tetto un toro con le corna spezzate. Il curioso aspetto asimmetrico va attribuito alla ricostruzione avvenuta dopo il terremoto del 1930.
L’interno si presenta a croce latina, con navata centrale a doppia altezza sulle navate laterali e con presbiterio rialzato da gradini. In questa fabbrica venne riutilizzato materiale di spoglio di età romana, fra cui imponenti colonne di granito, di differente altezza, alla quale si è sopperito con l’impiego di basi di dimensioni e fattura diversa (capitelli e pulvini romani reimpiegati). Le campate sono scandite da una successione di archetti a tutto sesto che si impostano direttamente sui capitelli corinzi e ionici, di cui alcuni reimpiegati e altri riferibili all’VIII-IX secolo. Il presbiterio è ornato da un altare in marmi e pietra di Trani e un coro ligneo seicentesco, sul quale svetta un organo a canne del secolo scorso ed una copia dell'Annunciazione del Tiziano.
Mirabili sono le due mensole istoriate del IX sec., sistemate come capitelli sulle colonne di marmo ai lati del presbiterio. Nella navata di destra, in una teca, è collocata la settecentesca statua devozionale di Santa Maria di Valleverde, che si aggiunge a quella lignea duecentesca custodita nell’omonimo Santuario.